chi siamo

due parole sulla compagnia ...

La Compagnia, nata nel 2004, ha accomunato elementi provenienti da varie esperienze di teatro amatoriale e ad oggi può contare su un consistente numero di attori e attrici e su un efficace staff tecnico.

A lungo la Compagnia si è dedicata al genere comico-brillante, con produzioni che hanno divertito molto e che in varie rassegne teatrali hanno ottenuto numerosi riconoscimenti. La vocazione del gruppo è però quella di affrontare sempre nuove esperienze, diversificando la gamma dei linguaggi teatrali con cui si esprime, come via privilegiata per l’accrescimento e l’affinamento delle conoscenze individuali e delle potenzialità collettive.

Numerosi gli spettacoli allestiti, di autori italiani e stranieri. Tra le particolari iniziative assunte nel tempo, va ricordata quella denominata “Teatro Aperto”, cicli di incontri destinati ad aprire il mondo del teatro alla conoscenza curiosa degli spettatori, con il raccontare mestieri, ruoli, luoghi, oggetti, materiali, difficoltà, magie e fatiche che rendono possibili due ore di spettacolo.

Un ulteriore progetto, chiamato “Teatro con le gambe”, ha lo scopo di contrastare la crescente disaffezione del pubblico portando il teatro tra la gente, dove si vive e abitualmente ci si intrattiene. Il repertorio, variabile a richiesta, è ricco di pezzi comici o commoventi, sconcertanti o confortanti, a una o a più voci, con musica o senza. Recitati o detti al leggìo, sprizzanti di rime o distesi nella prosa. E proponiamo queste serate in appartamenti privati, al ristorante, al bar per l’aperitivo, al circolo del golf, alla sede dell’associazione, al cral aziendale.

Dall’atto della nascita la Compagnia ha prodotto 24 allestimenti, portando in scena 44 fra attrici e attori, con il supporto di 23 collaboratori tecnici. Due suoi elementi sono stati tra i destinatari del XV Premio alla Virtù Civica “Panettone d’Oro” 2014, Milano.

... e il perché di un nome

Nel suo Ricerche storico-critico-scientifiche (Milano, 1829), l’Abate Don Giacinto Amati racconta che nell’antichità, al primo apparire degli attori sulle scene, immediatamente si comprendeva se si dovesse rappresentare una tragedia o una commedia dal fatto che gli attori calzassero il socco o il coturno.

Il socco, che l’autore dice introdotto da Eschilo, era un tipo di scarpa alta che portavano gli attori delle antiche commedie, mentre il coturno, che si dice introdotto da Sofocle, era uno stivaletto con uno zoccolo assai alto di sughero, distintivo in modo esclusivo degli attori delle tragedie, affinché potessero apparire più alti e somiglianti agli eroi interpretati.

Racconta poi l’Amati che da parte di Eschilo, o secondo altri dal poeta Tespi, fu introdotto l’uso della maschera, utile a chi recitava per evitare di imbrattarsi il viso con colori, talvolta anche nocivi, difficili da rimuovere, con l’attore esposto allo scherno della plebe anche a rappresentazione finita. Sempre secondo l’Amati, le maschere più antiche erano, per gli uomini, una specie di elmo con barba e capelli che copriva tutta la testa, mentre per le donne recavano i tipici ornamenti femminili.

Infine, per l’ignoto autore del Dizionario delle favole per uso delle scuole d’Italia (Venezia, 1785), Talia, musa ispiratrice della Commedia e della Poesia lirica, da sempre nell’iconografia tradizionale veniva rappresentata come una giovane donna coronata d’edera, con una maschera nella mano e i socchi ai piedi. 

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