Miseria bella
atto unico di
Peppino De Filippo
una formidabile macchina comica
regia di
Vincenzo La Camera
la commedia
In Miseria bella (1931), farsa in un atto, sono di turno due artisti squattrinati ed affamati, Eduardo (scultore) e Vittorio (pittore) che vedono crescere i morsi dilanianti del loro mai appagato appetito, a furia di sentir parlare di cibo dai loro visitatori, quasi a rischio di svenire nel veder mangiare, dinanzi a loro, a quattro palmenti e con sadica soddisfazione, l’odioso Melasecca, pronti a buttarsi infine, presi dalla disperazione, su dei cioccolatini dimenticati in giro da una distratta visitatrice. Con esiti non proprio desiderabili…
vissi (?) d'arte ...
L’arte, e il suo indesiderato quanto ricorrente corollario di miseria e di fame, sono gli elementi intorno ai quali prende forma l’architettura di questa farsa. Vi ritroviamo temi ed esiti ricorrenti nella produzione drammaturgica di Peppino De Filippo: l’esercizio mai gratificante di un’arte, l’inesorabile condanna dell’artista di turno all’indigenza cui lo condannano le sue scelte di vita, una conclusione della vicenda che, immancabilmente, vede il protagonista piombare in una situazione ancora peggiore di quella in cui versava all’inizio della storia. E’ un po’ la summa di quell’umorismo “nero” che ha sempre permeato la produzione dell’autore, che ha creato, più che commedie, farse, dalle quali il lieto fine è sistematicamente bandito.